Un’agenda di impegni fitta fitta, la piscina e la lezione di judo, la danza e le conversazioni di inglese con l’insegnante madrelingua, almeno un compleanno quasi ogni settimana e le riunioni di famiglia.
Non sto parlando di un manager ma di un bambino di terza elementare che alla sua età non ha ancora imparato ad annoiarsi.
Certo, come potrebbe farlo, visto che le lezioni a scuola vanno avanti fino alle quattro di ogni pomeriggio, tranne il mercoledì che finisce alle tredici ma, proprio per questo, ha il suo solito allenamento al maneggio che, essendo più lontano da casa, ha bisogno di un intero pomeriggio libero perché si faccia tutto con un po’ di calma?
Non sto parlando di un bambino speciale ma di una tendenza più generale nelle famiglie di oggi che, se economicamente non possono permettersi un tenore di questo tipo scelgono attività più a buon mercato ma, in ogni caso, la regola ferrea è che il bambino non possa annoiarsi, debba avere sempre qualcosa da fare per sapersela cavare in un mondo competitivo che pretende di essere sempre all’altezza di qualcosa. Anche a nove anni.
Vietato annoiarsi
Ai bambini oggi non viene permesso di restare a contatto con il vuoto, trampolino per ogni crescita e trasformazione, quel vuoto che non è assenza ma sostanza che aspetta d’essere in-formata, quel Vuoto Creativo da cui possiamo dare vita al nuovo mondo che desideriamo.
Tutto deve essere organizzato, ogni minuto della sua giornata deve essere utilizzato e gestito da un carnet di impegni o, comunque, da qualcuno che lo faccia giocare, che lo intrattenga nonostante la quantità esorbitante di giocattoli tra i quali si muove come fosse in uno di quei posti magici dove un tempo si andava a comperare una bambola o una macchinina ogni tanto, per qualche occasione speciale.
Eppure il Vuoto in sé è speciale, è un’occasione che andrebbe cercata, non tamponata come fosse una malattia: è di due specie, il nihil, cioè l’assenza, e il Vuoto creativo.
Il vuoto della carenza, quello che si aggancia alla persuasione di scarsità, è quello che assomiglia a una voragine e che spesso diventa il motore della dipendenza perché porta a credere che la felicità dipenda dal trovare una persona, una sostanza, o comunque qualcosa di esterno a sé che lo possa riempire.
Il Vuoto creativo
Oppure il vuoto creativo dal quale può iniziare sempre una nuova scoperta di sé, quello stato di coscienza che stimola a spingersi oltre i propri limiti e a lasciarsi alle spalle comportamenti, abitudini, vecchi pensieri e a trasformare la realtà.
Se il bambino non impara la lezione del vuoto creativo interpreterà anche in futuro ogni vuoto come carenza, cercando fuori di sé qualcosa per riempirlo, dipendenze di ogni genere e tipo, non imparando mai a stare con se stesso perché in sé trova sempre questa impietosa sensazione di vuoto.
Oggi il carnet pieno di impegni o mamma, papà, nonni o babysitter che gli fanno da animatori, domani innamoramenti intensi e struggenti per chiunque gli mostri una briciola di affetto, attacchi di fame bulimica o incapacità di nutrirsi per stare a contatto con quel vuoto, incontri sessuali inappaganti, entusiasmi intensi ma di breve durata per persone, cose o situazioni, fumo, alcool, droga.
Qualcosa per appagare la strana e inconscia nostalgia di qualcuno che lo riempia, che lo strutturi, che lo organizzi, che gli tenga compagnia, che gli dica cosa e come fare.
Per evitare quella sensazione di vuoto che arriverà quando allenterà il controllo e non fingerà più di adattarsi a ogni costo a quel freddo che si sente dentro quando il suo carnet sarà senza impegni.
Vacanza e pensione non sono sempre per tutti sinonimo di leggerezza e di libertà.
A contatto con il santo vuoto creativo, il bambino impara ad accettarsi, a scoprire la sua identità, la sua completezza, la sua capacità di assumere in sé la responsabilità della propria vita.
Decidendo lui a cosa giocare, come farlo, se rimanere sdraiato a terra a guardare il soffitto (sempre fonte di ispirazioni di alto livello) o trasformare il divano in una montagna da far valicare dai suoi soldatini o un trampolino di lancio per i suoi peluches, incomincia a riconoscere nel mondo che lo circonda il riflesso di sé e, guardandosi intorno, impara a guardarsi dentro: le Ombre che vede riflettono le ombre che sono in lui, le luci sono la sua bellezza proiettata all’esterno.
Impara a proteggere i suoi confini, a trasformare l’eventuale senso di impotenza e di rabbia collegato al “non so cosa fare” in consapevolezza del proprio potere personale, in capacità di diventare responsabile, consapevole di quello che è e di quello che fa. Impara a capire se gli piace la solitudine o se gli fa paura e trova strategie per affrontarla, superarla o trasformarla.
E se facciamo perdere ai bimbi la lezione del Vuoto?
Se scopriamo che in realtà la massa è una struttura condensata di energia nel vuoto, anche quello che appare solido, in realtà non lo è, ma è un insieme di atomi in rotazione con una grande distanza fra tutti loro; creano una rete che li interconnette tutti l'uno all'altro, fino a farli manifestare con una determinata forma mai assoluta, suscettibile di mutamenti.
Ma se insegniamo al bambino che il vuoto equivale al nulla, come potrà saperlo usare, nel tempo, per lasciarsi andare, perdere i consueti punti di riferimento, staccarsi da paletti diventati inutili che rischiano di trasformarsi in muri che non lo faranno procedere? Come saprà riorganizzarsi, quando tutto quello che ha intorno cambierà, come riuscirà a sintonizzarsi con un equilibrio nuovo? Come reagirà all’abbandono e al mistero della morte?
🧒 Due buone notizie che ci fanno ben sperare sul futuro dei nostri bambini
A New York un gruppo di studenti del Liceo Murrow ha dato vita a un club chiamato dei Luddisti (nome ispirato alla protesta operaia inglese del XIX secolo) che si ritrovano ogni domenica in un parco lasciando a casa cellulari e portando libri, quaderni chitarre; è nato per liberarsi dalla dipendenza dai social e quindi non hanno chat di gruppo né sono presenti on line.
E’ nata a Rimini la scuola per Piccoli Inventori MecWilly, rivolta a bambini dai 7 ai 13 anni, con lezioni on line per imparare a progettare, esplorare, sviluppare la creatività.
Sono due notizie che ho letto su Mezzopieno News, una pubblicazione bimestrale di giornalismo positivo gratuita e libera da pubblicità, sostenuta da lavoro volontario e professionale.
Ne ho parlato nella MindLetter n. 2 ( “Hai mai pensato a come pensi?”)
🎧 Coincidenze
Mentre sto scrivendo questa puntata, Francesca mi manda il link all’episodio di oggi di Hacking Creativity (podcast sulla creatività).
L’ospite odierno di Federico Favot e di Edoardo Scognamiglio è Gianvito Fanelli, autore della seguitissima pagina Instagram Vita lenta, dedicata al vivere lento.
In linea con la MindLetter di oggi, in questa intervista Fanelli celebra la noia e parla di quanto sia importante per lo sviluppo della creatività (anche in azienda).
Ecco la puntata:
Da cosa puoi lasciarti ispirare questa settimana
“..Noi potevamo comodamente trasmettere dai nostri banchi di scuola. L’unico problema era costituito dai maestri e dalle maestre che troppo spesso interrompevano alcuni di noi, pretendendo che seguissimo le loro lezioni. In quel caso, quando qualcuno veniva velocemente riportato in beta, cioè ad una frequenza mentale più alta, i telespettatori lo vedevano uscire dalla “casa” per tornare poi , dopo un po’, di nuovo in trasmissione. Il problema era quando capitava che tutti noi bambini venissimo contemporaneamente distolti dalla nostra trasmissione, quando suonava la campanella della fine dell’ora, o quando per un motivo qualsiasi gli adulti ci riportavano tutti ad uno stadio di razionalità, lasciando inattivo l’emisfero destro del cervello: ma per fortuna questo accadeva raramente. In ogni caso ci eravamo organizzati e avevamo istruito le nostre guide: entravano in scena loro ma i telespettatori credevano che fossero comparse, attori in carne ed ossa appositamente istruiti perché fingessero di essere i nostri amici invisibili. Non sapevano che erano reali quanto loro e che stavano facendo a tutti un grande dono, mostrandosi anche a chi era tarato su frequenze vibratorie diverse. Non era ancora tempo di far sapere alle persone che esistono contemporaneamente tanti mondi che convivono pacificamente e che si distinguono dalle frequenze della loro vibrazione, rendendosi visibili solo a chi covibra in armonia. Selene ci diceva che prima o poi l’avremmo fatto, ma che prima bisognava preparare chi ancora non sapeva tutto questo, come fosse un gioco. E la trasmissione si era rivelata proprio la soluzione giusta..”
(da Susanna Garavaglia, “Stavolta sarò femmina”)
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Con la MindLetter, ci vediamo giovedì prossimo 🪷