Sono al Parco di Wellington, è una giornata di sole pieno, i bambini giocano nell’acqua e io finalmente posso fare la nonna. È così bello quando riesco a stare con i miei nipotini che vivono tutti lontani, due in Inghilterra, una in Francia. Quando sono accanto a loro è un avvenimento.
Scrivevo nella Mind letter precedente che il segreto per vivere il tempo è riuscire ad esserci dentro intera: cosa può volere dire questo esserci intera?
Forse capita anche a te che mi stai leggendo - senza bisogno che tu sia come me una nonna: magari hai un’amica che abita lontano e vedi raramente o hai poco tempo per stare con tuo padre o ti capita solo eccezionalmente di poter fare quella cosa che ti piace tanto o di andare in una città lontana che ami particolarmente. Oppure hai un lavoro da terminare entro domani ma temi di non avere abbastanza tempo a disposizione.
Non resta che cercare di esserci intera. E’ questo che fa la differenza tra vivere pienamente dentro al Tempo o vederlo scorrere cercando di raggiungerlo senza riuscire ad afferrarlo.
Ma capita talvolta di sottrarre una parte di noi a quello che stiamo vivendo e, mutilati di quella parte, non riusciamo a essere completamente nella situazione in cui ci troviamo.
I motivi per cui ci sottraiamo all’interezza della nostra esperienza possono essere tanti: ho già accennato brevemente al Kairos, il Tempo della Madre, quello interiore che ci accompagna quando riusciamo a esserci interi, e al Kronos quando invece ci portiamo all’esterno e vediamo tutto quello che avviene come se non ne facessimo parte.
Nel primo, quello che siamo e quello che facciamo sono indissolubilmente uniti, ed è proprio da questo tutt’uno che nasce la magia.
Ma cosa possiamo fare, quindi, se ci sentiamo trascinati nel Kronos da una nostra parte che vorrebbe scappare dal Kairos ? Se, cioè, ci accorgiamo di portarci fuori da quella situazione che stiamo vivendo perché c’è qualcosa in noi che ci fa fuggire?
Riconosciamo quale parte di noi abbiamo lasciato indietro
Prima di tutto dobbiamo esserne consapevoli, attenti a quello che si sta muovendo dentro di noi.
La consapevolezza è sempre il primo passo verso uno stato di ulteriore coscienza. Se sappiamo riconoscere quale nostra parte abbiamo lasciato indietro, possiamo venire a patti con lei, accettandola per quello che è senza volerla combattere.
Vedremo tra poco alcune situazioni che potrebbero spingerci a fuggire, perdendo quindi la possibilità di esserci interi.
Possiamo occuparci della nostra parte che vorrebbe scappare ripetendole più volte:
“Io ti riconosco, ti accolgo, ti ringrazio ma ora posso lasciarti andare“.
In questo modo non avrò sanato quella parte ma, lasciandola andare, non la renderò il capitano di quella mia esperienza, non mi lascerò cioè guidare da lei ma, pur non essendo ancora intera, avrò con me tutto il resto della mia energia.
Vediamo alcune situazioni in cui non si riesce a entrare in questa magia.
1. Quando si cerca di tenere al sicuro quella nostra parte che non se la sente di vivere una possibile sofferenza se abbiamo a che fare con qualcuno che potrebbe criticarci, giudicarci, entrare in conflitto con noi.
E noi non vogliamo che questo succeda, non ce la sentiamo di affrontare una situazione così. E quella parte di noi che teme tutto questo, preferisce non partecipare, così siamo lì con il corpo ma le nostre emozioni e i nostri pensieri sono altrove.
La nostra parte che teme di essere giudicata, criticata, sgridata è il nostro Bambino Ferito, quello che piange dentro di noi perché crede di avere fatto qualcosa di sbagliato e si sente in colpa e prova vergogna pensando di essere stato cattivo. Ha paura di essere punito e la punizione che teme è la perdita dell'amore: temiamo di non poter essere amati perché non siamo stati abbastanza bravi. Abbiamo bisogno di ridare approvazione al nostro Bambino Interiore perché è quella paura di non meritare amore che ci induce a fuggire da quella situazione, a non esserci intera.
👉 Se ti capita talvolta di lasciare fuori questa parte ferita, ogni mattina guardati allo specchio e ripeti a te stesso, a te stessa:
“Io mi amo e mi accetto esattamente come sono"
-
"Benvenuta, benvenuto, sono felice che tu sia qui"
-
"Mi piaci così come sei, sarò sempre con te, non importa cosa succederà"
Quando preferiamo non essere coinvolti dalla situazione per un’infinità di motivi (non ci va di prendere una posizione su qualcosa che non condividiamo), allora preferiamo portarci fuori e non rischiare. In questo caso la parte che lasciamo indietro è quella che non vuole compromettersi, quella che preferisce rimanere neutrale.
Se credi di farlo per discrezione, per non volerti immischiare nelle faccende degli altri, chiediti se questa è indifferenza e mancanza di empatia o se invece è capacità di essere presente senza importi, di darti senza esibirti, di percepire senza dominare.
Se lo fai per mancanza di interesse per gli altri allora è naturale che tu non ne sia coinvolto, se lo fai per lasciare che gli altri possano continuare a essere così come sono, allora va bene così. Tu sei lì come testimone e non è necessario che prenda una posizione, quindi la parte non coinvolta non ha bisogno di scappare.
Ha il diritto di rimanere neutrale.
👉 Un esempio? Assisti a una discussione privata tra due tue amici che hanno una relazione tra loro e che hanno anche molta confidenza con te. Se non chiedono il tuo parere non è il caso che tu ti metta in mezzo, quindi puoi comunque “esserci” limitandoti a mandare silenziosamente energia e appoggio a chi vuoi o anche a entrambi. E per farlo devi esserci interamente, ma con quel ruolo.
Già diventare consapevole della causa di questa tua mancanza di coinvolgimento è una buona occasione di crescita.
Quando ci sentiamo estranei, lontani dalla mentalità o dal sentire di chi è con noi, allora ci estraniamo.
In questo caso non è la paura di un conflitto a tenerci lontani da noi stessi ma il disinteresse per la situazione in sé e il rifiuto di utilizzare la nostra energia per qualcosa che sentiamo estranea.
👉 E perché mai non dovrebbe essere così?
Ci sono situazioni, come questa, in cui è inutile volere esserci interi a tutti i costi.
Quando non ci riteniamo all’altezza della situazione e ci teniamo in disparte per paura di non essere in grado di manifestare con certezza e sicurezza il nostro punto di vista.
Se sei timido, se sei timida può capitarti di voler sottrarre quella tua parte che teme l’attenzione degli altri ma, ricordati, non significa che tu abbia paura degli estranei, anche se in questa contingenza non ti senti all’altezza, in situazioni importanti potresti dimostrare il tuo valore.
Forse la fiducia in te vacilla quando la situazione è per te insignificante.
👉 Ad esempio potresti avere la tentazione di estraniarti se ti trovi coinvolta in una discussione politica o filosofica nella quale non sei in grado di prendere una posizione o di motivarla. Gli altri ne sanno molto più di te.
E allora, quando temi di non essere all’altezza della situazione chiediti:
“Quello che ora dovrei dimostrare di me farebbe la differenza se fossimo in una situazione di emergenza?”. Se la tua risposta è “no!” allora non preoccuparti e ripeti a te stesso “Io so esattamente cosa fare quando c’è bisogno di me”. Se la risposta è “sì”, mettiti alla prova, rischia e vedrai che magari saprai sorprenderti!
Se una cosa ci fa paura e non la vogliamo affrontare, diventa difficile riuscire a superare quello stato d’animo perché dalla paura tendiamo a fuggire e questo è quasi sempre naturale e istintivo.
Non nascondere la tua paura e passaci semplicemente attraverso, ricordandoti che imparare a chiedere aiuto è un atto di umiltà e di coraggio. E ricordati che ciò che si vede dipende da come si guarda poiché - come diceva Kierkegaard - “L'osservare non è solo un ricevere, uno svelare, ma al tempo stesso un atto creativo”.
Quindi smettila di evitare quello che temi, di mettere in atto costantemente la tua strategia per riuscire a gestire al meglio le emozioni negative ed evitare la sofferenza.
👉 Sii invece consapevole delle tue potenzialità e delle risorse che hai a disposizione sapendo che potrai sempre realizzare l'opportunità più elevata per te che non necessariamente è ciò che tu vuoi in questo momento e che non c'è azione così impossibile che tu non possa compiere.
Se stiamo proiettando su chi è con noi alcuni nostri aspetti non risolti.
In questo caso la situazione è ancora più complicata, perché utilizziamo la nostra energia per tenere sotto controllo qualcosa che temiamo possa sfuggirci e viviamo un conflitto che è soltanto con noi stessi. Non ci è possibile vedere con chiarezza quello che stiamo facendo per poterci essere con tutti noi stessi.
👉 Se, ad esempio, ti accorgi di non riuscire ad essere completamente te stessa, te stesso, con quell'amica il cui giudizio ti fa paura al punto da bloccare ogni tua spontaneità, chiediti se non sia invece il tuo giudice interiore a travestire i panni di quella persona che si sta semplicemente prestando per mostrarti quella parte di te che ha bisogno di essere trasformata.
Divertiti a cercare di capire quali parti di te non ancora trasformate stai proiettando sulle persone con cui entri in contatto. Non è facile ma se anche tu riuscissi ad averne una pur debole percezione saresti già molto avanti nel lavoro su te stesso.
Quando ci rifugiamo nel ruolo della vittima o in quello del carnefice (che sono due facce della stessa medaglia) e sprechiamo il nostro tempo, ad esempio, rimproverando l’altro - che magari ci ha appena telefonato - di non essersi fatto vivo prima “Ah, per fortuna! Non ti sentivo da così tanto tempo! perché non mi telefoni mai?”.
Alzi la mano chi non si è mai trovato in una simile situazione!
Quando l’incontro è una recriminazione ha perso non solo la sua magia ma anche la sua forza, la sua bellezza. Perché mai dovremmo, quindi, portarci interi in una situazione priva di energia? Ci allontaniamo emotivamente e affettivamente e rispondiamo con frasi fatte, spesso prive di senso se ci sentiamo attaccati, tipo “Scusa, ho così tanto da fare in questo periodo…” o continuando a recriminare se esercitiamo in quel momento il ruolo del carnefice.
👉 Beh, in una situazione di questo tipo meglio lasciar perdere e riprendere i contatti in tempi più prosperi. Oppure se ci teniamo davvero a quella persona è meglio chiarirsi o non dire niente e mandare tanto amore. Quello, tanto, arriva sempre, anche e soprattutto a distanza!
Stare dentro il Tempo significa saper godere pienamente di quell’avvenimento che stiamo vivendo, abbeverarcene fino in fondo, non metterci all’esterno per giudicarlo, non vederlo come qualcosa che c’è stato negato in altri momenti e sul quale sprechiamo il nostro tempo recriminando, ma vederlo come quel dono nuovo che ci è appena arrivato.
Da cosa puoi lasciarti ispirare questa settimana
Congelando il frammento di coscienza e abbandonandolo in quel preciso momento del passato, diamo vita ad una programmazione mentale che diventa la prima responsabile del nostro modo di essere nel mondo e che trasciniamo con noi per compensare proprio quel frammento di coscienza che abbiamo congelato ed abbandonato in quella nicchia spaziotemporale. Come se volessimo pareggiare i conti: lasciamo una parte di noi stessi da qualche parte ma la sostituiamo con un surrogato per continuare a sentirci interi. E questo surrogato è un pensiero su di noi che ci accompagna, magari da sempre e, se non lo trasformiamo, continuerà ad esserci compagno per sempre, dando vita a schemi mentali che ripetiamo all’infinito, rimanendo impigliati a false convinzioni. L’assurdo, poi, è che siamo convinti della verità di queste convinzioni perché si concretizzano, visto che il nostro modo di pensare diventa il nostro modo d’essere. E’ ora di cambiare il nostro sogno, per ricalibrarci alle nuove frequenze e ricordarci finalmente chi siamo, co-creatori con lo Spirito.
(Susanna Garavaglia, “Diario di Psicosomatica”)
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