C'è un'età, la mia, in cui il mondo inizia a dissolversi. Se ne stanno andando a uno a uno, li vedo passare da quella porta e svanire. Erano qui, li si poteva guardare, ascoltare, toccare, leggere, abbracciare e poi, di colpo, non si può più. Non-si-può-più. Punto.
Pochi giorni fa Dede Riva ci ha lasciati. Se n’era andata già da tanto tempo, se la presenza di una persona si riduce a quello che dice e a quello che fa. Non diceva e non faceva più, ma continuava a comunicare a un altro livello. Noi che le vogliamo bene la abbiamo continuata a sentire senza mai allentare i contatti con lei. Da Sé a Sé, da Anima a Anima, da cuore a cuore. Perché il rapporto con lei è al di là dello Spazio e del Tempo, non si spezza mai anche se sembra interrompersi, non si trasforma in ricordo ma rimane vivo.
Dede è stata per me un’amica, una compagna di lavoro e di risate, una maestra.
Le nostre strade si sono divise quando io ho lasciato Milano e le mie attività, all’Ispa come altrove, ma la strada del cuore e quella dell’anima sono restate le stesse. Ci incontravamo là, dove quello che noi siamo si intreccia con l’essenza di chi si ama.
Sono approdata all’Ispa in via de Togni che non avevo ancora trent'anni anni e Dede mi ha subito accolta nel suo staff a insegnare accanto a lei la Psicodinamica.
Era un gruppo stimolante, c’erano Helena Meerapfel, Angelo Picco, Manuela Daino, Gabriella Campioni, Lucio Baldini, Sandro Nicolini, Silvia Boneschi, Elena Bonato, Rita Casati, Mariolina Salvini, Francesca Saioni, Rena Garazioti, Giulietta Bandiera, Sonia Luginbul, Patrizia Rottigni, Luca Catanzaro, Cinzia Cavagnini, Stefania Dotti. Lo scrivo per i vecchi psicodinamici che ancora ricordano quegli anni e la loro magia, quando ci si trovava al bar lì sotto, da Antonio e la domenica si andava a pranzo tutti assieme anche con i corsisti ed era normale per noi continuare a parlare con loro, rispondere alle loro domande, ascoltare il loro stupore.
Dede ci aveva insegnato la gratuità, il servizio, la piena disponibilità. Verso i “clienti” (che mai avremmo chiamato così, preferivamo usare quell’assurdo ma amorevole termine, i “vecchi”, se tornavano a rifare il corso, oppure i “nuovi” se erano con noi per la prima volta) ma anche verso i colleghi, i compagni di viaggio: a quei tempi si cercava di essere tutti presenti se qualcuno di noi teneva una conferenza o aveva un'iniziativa, e qualsiasi corso stessimo tenendo, di Psicodinamica o di altro, non uscivamo dall'Ispa , la domenica, prima delle otto di sera anche se il corso avrebbe dovuto terminare alle sei. C'era troppa sete di sapere, di conoscere e non ci piaceva lasciare i nostri studenti senza risposte né commenti.
Allora, ai tempi di via De Togni, erano pochissimi i posti come l’Ispa a Milano, forse si potevano contare sulle dita di mezza mano, i centri olistici non erano ancora sbocciati.
Dede era un punto di riferimento per tutti con la sua cultura, la sua accoglienza, la sua presenza. In quel centro, diventato una seconda casa per tutti noi, si faceva davvero ricerca, si cambiava la propria vita, si scopriva quella fetta di realtà che non era ancora di moda né si leggeva sulle riviste. Arrivava a trasformare abitudini, mentalità, stato d’animo, progetto quando se ne sapeva riconoscere il richiamo.
E Dede riconosceva chi ne era pronto, a uno a uno ci teneva con sé a condividere la sua missione. Ognuno portava con sé quella sfumatura complementare a quelle degli altri, ognuno suonava la sua nota. E Dede dirigeva l'orchestra senza mai stancarsi, senza mai cedere alla routine né alla noia.
Ma di che noia sto parlando? In via de Togni ci divertivamo, Dede era tosta ma rideva di cuore, ci comandava a bacchetta ma adorava le nostre trasgressioni creative, pretendeva ma ricambiava, a modo suo centuplicato, quello che aveva richiesto. Non amava essere contraddetta ma si divertiva se lo si faceva con classe, e per lei classe significava intelligenza, profondità e educazione.
E le riunioni di redazione? A casa di Helena o a casa di Dede eravamo tutti lì periodicamente a decidere l’argomento del nuovo numero di Psicodinamica, la nostra “rivista trimestrale di discipline bio-psico-spirituali”. E quando scrivo “tutti” intendo proprio tutti noi istruttori, chi mai si sarebbe perso una serata di risate profonde, di riflessioni giocose, di così seri momenti divertenti? Come quella volta in cui incerti tra parlare di Giustizia, di Bellezza o di Verità, ci siamo lanciati in battute dissacranti (definite così da Dede, proprio “dissacranti”) che ci hanno fatto transitare sulla Risata come tema del trimestre. Con Dede che diceva “Non siamo noi che stiamo scegliendo il riso, è il riso che sta scegliendo noi! E’ inutile opporgli resistenza!!”
E la Festa d’Autunno? Annoiate dalle presentazioni un po’ monotone di noi relatori, abbiamo deciso di trasformarla in spettacolo con mimi e cantanti. Eravamo sempre noi, alcuni di noi, travestiti e nascosti dietro un tendone e uscivamo tra un relatore e un altro per ravvivare i nostri stessi interventi. Quando Igor Sibaldi ha preso la parola e non la smetteva più di parlare, affascinando il pubblico femminile come è solito fare, siamo restati sotto a quel tendone, nascosti, senza poter uscire rischiando il soffocamento. E Dede, che era invece di fianco a lui a sorridere e annuire, ci ha preso così tanto in giro, a lungo, nei giorni seguenti.
Era intransigente su un punto, la missione; e non si lasciava convincere quando qualcuno di noi - a turno l'abbiamo fatto tutti, arrabbiandoci e brontolando - cercava di trasformare la gratuità in un lavoro. E questo, nonostante i nostri mugugni, ha forse salvaguardato la natura dell'Istituto Superiore di Psicodinamica Applicata (l'Ispa, appunto), non snaturandolo per trasformarlo in una palestra di “lusso della mente” ma mantenendolo un vero centro spirituale di ricerca interiore.
Da Dede ho imparato a vivere intensamente il mio tempo, a dilatarlo, moltiplicarlo, rallentarlo, usarlo. A volarci dentro e a lasciarlo andare.
Quando da via De Togni siamo passate in via Gian Giacomo Mora, lì ci siamo scatenate a creare, forse spinte dall’entusiasmo del Nuovo a tutti gli effetti.
Ecco, Dede amava che la si invitasse a creare, che le si dicesse che quel seme che aveva tra le mani sarebbe diventato una pianta e avrebbe dato frutti succosi e colorati. E amava farlo insieme. Anche io ero così, sono così. Da lì siamo partite al galoppo e ci siamo inventate di tutto con la modalità Tip e Tap, una parola per uno, e la seconda parola mai era polemica con quella precedente ma sempre complementare. Abbiamo dato vita alla Libera Accademia Progetto, al Manifesto Via Femminile alla Creatività, siamo state in India e in Grecia su una nave a parlarne, abbiamo raggiunto Graziella Vigo a New York per esserle vicina, con la nostra cara Rena e altre amiche, per la inaugurazione di una sua bellissima mostra fotografica.
E i convegni dell’Ispa, quanti bei convegni!
Dede era curiosa di tutto, non diceva mai di no, odiava il sushi ma portava me e Patrizia a mangiarlo perché sapeva che l’adoravamo e lo trangugiava a stento mentre sorrideva facendo finta di niente, era in prima fila qualunque cosa proponessimo, saliva su un palco a fare la buffona con me e Laura Gessner e, con la stessa nonchalance, saliva su quello stesso palco a parlare degli angeli.
Dede si innamorava di un'idea, di una situazione, di una creatura e quando si innamorava nessuno riusciva più a fermarla. Era così piena di amore da volerlo sempre usare tutto, trasformandolo ogni volta in qualcosa di magico. E lì partiva la modalità panzer che non frenava né rallentava il suo progetto del momento, a costo di prendere cantonate perché anche lei era umana, terribilmente umana.
E si emozionava, eccome se si emozionava, anche se talvolta non voleva lasciarlo vedere. In India ci doveva ricevere a casa sua Sri Sri Ravi Shankar, il guru che ride sempre e noi, lungo la strada, continuavamo a ripeterci a vicenda cosa dirgli, cosa chiedergli. Una benedizione per il futuro dell’Ispa, certo, gli chiederemo questo. Arrivate davanti a lui siamo soltanto riuscite a chiedergli, in coro “E lei come sta?”. Uscite di lì ci siamo chieste come fosse stato possibile. L’unica era farci una bella risata.
Come ho scritto nella Prefazione alle sue Nuove Meditazioni Quotidiane, Dede sapeva ascoltare il suo richiamo interiore sapendo che ciascuno di noi è in grado di accogliere il Nuovo, a patto che si apra con fiducia all’inatteso.
E l’inatteso è arrivato qualche anno fa per lei che aveva il compito di mostrare il Nuovo, consapevole che ogni cambiamento possa nascere realmente quando ci si mette in ascolto della propria voce interiore che tutto sa. E Dede che ha vissuto celebrando la bellezza e la meraviglia della vita, ha forse scelto di passare i suoi ultimi anni restando in ascolto quasi soltanto della sua voce interiore. Chissà cosa le ha raccontato quella voce, chissà cosa ha raccontato a ciascuno di noi che le abbiamo voluto bene, chissà quale strada ci ha mostrato.
Mentre scrivo queste parole, a Milano c’è il suo funerale e io sono qui nel bosco, impossibilitata a raggiungere Angelo e tutte le amiche e gli amici che sicuramente saranno lì con lei. Forse Dede mi direbbe “Non ti preoccupare, tesoro, io me la cavo benissimo, tanto ho tutto l’universo con me quindi, in qualche modo, ci sarai anche tu”. Già…
Provoc-Azione della settimana
Questo è un numero speciale della MindLetter, dedicato a un’amica che ci ha appena lasciati. Ma una provocazione-azione te la voglio lanciare ugualmente:
Se hai un’amica o un amico cui vuoi bene, non aspettare il suo funerale per raccontarle/gli quanto sia importante per te. Fallo subito!
Un ricordo bellissimo e vero. Grazie, a te e a lei.
Cara Susanna, le persone speciali come te si circondano di persone speciali... Mi spiace che il destino vi abbia diviso... Un abbraccio