Hai mai pensato che un’immagine possa cambiare la struttura del tuo cervello?
Io ci ho giocato fin da quando ero bambina e, iniziato allora inconsciamente, questo gioco si è trasformato in uno dei principali temi delle mie ricerche nel corso della mia vita.
Fin da quando ero piccola sono stata affascinata dalle immagini che produceva la mia mente. Forse dire “affascinata” è riduttivo, in realtà ne ero dipendente. La sera, prima di addormentarmi, lasciavo che delle immagini rassicuranti mi invitassero a entrare in loro e a diventare protagonista di storie che creavo per me e nelle quali mi identificavo soprattutto a livello emozionale.
Io, davvero piccolina, ero nel mio letto ma ero anche con quella donna- una Grande Madre senza volto o che assumeva di volta in volto le fattezze di quella o di quell’altra amica di mia madre- che mi accarezzava la nuca e nelle cui braccia potevo abbandonarmi; ero per mano della mia amichetta e mi sentivo accanto a una sorella; ero con quel ragazzino che mi piaceva, con quell’amica che mi mancava, ero nel mondo che desideravo e nel quale ogni sera mi rifugiavo lasciandomi accompagnare al sonno.
Stavo allenandomi all’uso delle Immagini Interiori che avrei usato, da grande, nella mia ricerca sulla trasformazione del pensiero, delle attività neuronali, delle abitudini e soprattutto dell’uso del pensiero.
Benessere è immaginazione?
Perché, tu che mi leggi forse lo sai, esiste una profonda connessione tra immaginazione, salute e neuroplasticità del cervello.
Per capire come funzioni la neuroplasticità e cosa sia partiamo da una precisazione che si discosta da quello che si pensava fino a decenni fa, oggi si sa che il cervello umano è un sistema dinamico e in continua evoluzione, non è un organo “fisso” e immutabile che non muta più dopo l’infanzia. E’ invece capace di trasformarsi durante tutto l’arco della vita. Forse, a proprosito del cervello hai già sentito il termine “Neuroplasticità” : indica la sua capacità di modificare la propria struttura e il proprio funzionamento in risposta a stimoli interni ed esterni, esperienze, emozioni, apprendimento e immaginazione.
Ritorniamo a quello che vivevo, la sera, da bambina prima di addormentarmi: diventavo la protagonista di esperienze immaginarie-chissà quante volte lo hai fattomanche tu che mi stai leggendo!-che non si limitavano a rimanere sulla nuvoletta immaginaria di una bimba ricca di fantasia- ma che attivavano specifiche reti neuronali.
Nel caso te lo stessi chiedendo, a proposito di reti neuronali, un neurone è una cellula del cervello e del sistema nervoso che trasmette informazioni, come fosse una piccola centrale elettrica e chimica che invia e riceve messaggi. Le cellule del cervello sono tante, pare intorno agli 86 miliardi e non sono attaccate tra loro ma comunicano l’una all’altra grazie a piccoli spazi chiamati sinapsi. Attraverso queste sinapsi passano i messaggi chimici, cioè quelli che sono chiamati neurotrasmettitori, ormoni e altro che si attivano in risposta a una emozione.
Se l’emozione che provavo da bambina era amorevole, come quella della Madre sconosciuta che mi coccolava, rilasciavo ossitocina, l’ormone che stimola calma e fiducia; serotonina, associata al benessere emotivo e alla regolazione dell’umore: dopamina, che rinforza la motivazione; endorfina che favorisce uno stato di euforia e analgesia naturale; e l’acido GABA, un neurotrasmettitore inibitorio che riduce l’ansia.
Quando invece io ero immersa in immagini traumatiche o stressanti, come quelle che mi aggredivano quando avevo paura di essere stata lasciata sola in casa (cosa che non succedeva mai perché con me c’era comunque sempre una tata ma che io, figlia unica, temevo succedesse) ecco che il mio cervello rilasciava Cortisolo, l’ ormone dello stress che indeboliva la mia memoria, e il mio equilibrio emotivo; Adrenalina che aumentava la tensione muscolare, il mio ritmo cardiaco, quella mia vigilanza ansiosa che per anni mi ha perseguitato.
Soltanto delle tracce?
Mi mettevo in un angolo del corridoio da cui potevo controllare se i miei genitori erano in sala a guardare la televisione oppure nella loro camera da letto e mi rilassavo solo quando mi assicuravo che fossero andati a dormire.
Cosa succedeva, quindi, al mio cervello? Quando immaginavo qualcosa in modo molto vivido, corredandola di intense emozioni, creavo delle tracce mentali. Che attivavano le stesse aree che si sarebbero attivate se io fossi stata davvero coccolata dalla Grande Madre, se fossi stata per mano con la mia amica, oppure accanto a quel ragazzino o a quella persona che mi piaceva; o sola in casa, abbandonata, spaventata.
E succedeva perché, anche se io ero nel mio letto con gli occhi chiusi, quando immaginavo intensamente si accendevano i neuroni della vista, si attivavano i neuroni delle emozioni, e anche le aree dell’udito e dell’olfatto, creando una rete di neuroni collegati tra loro. Quella rete che avrai sentito definire “immagine neuronale”.
Visto che ad ogni addormentamento , io ripetevo la creazione di quella rete e la vivevo sempre in modo intenso e coinvolgente, sera dopo sera, il mio cervello la riconosceva come "reale" e poteva tornare lì ogni volta che ne avevo bisogno, quando volevo addormentarmi ma anche se mi serviva calmarmi, affrontare una paura, superare un dolore.
Io questo lo ripeto da anni insegnando a chi seguo a attivare in modo corretto le Immagini Mentali; e la Psicodinamica ma anche la Scrittura dell’Anima sono basate proprio su questo meccanismo che ritrovo molto simile dopo decenni nelle Costellazioni Familiari.
Ma lo confermano oggi gli studi di neuroimaging (fMRI e PET scan) che permettono di “vedere dentro il cervello” mentre è in azione, mostrandoci quali aree cerebrali si attivano quando una persona pensa, immagina, ricorda, prova emozioni o compie un’azione.
La fMRI – o Risonanza Magnetica Funzionale, una risonanza magnetica speciale che misura il flusso di sangue nel cervello che aumenta nella zona cerebrale lavora di più. Sicuramente, anche se nessuno mai me l’ha misurato, quando io per addormentarmi mi facevo cullare e accarezzare accendevo maggiormente l’area del cervello deputata
La ET scan , la Tomografia a Emissione di Positroni
è una tecnica che misura l’attività chimica del cervello, in particolare come il glucosio (lo zucchero) viene usato dalle cellule cerebrali.
funziona attivando una sostanza radioattiva molto debole (un tracciante), che si comporta come il glucosio, viene consumato dal cervello e quindi rilevato dalla PET: Più un’area è attiva, più “brucia” glucosio, più si illumina nell’immagine. E’ una tecnica usta per studiare la depressione, il trauma, l’Alzheimer o, appunto, l’effetto delle immagini mentali.
Risposte concrete
A chi mi ha sempre detto nella vita che io, essendo dei Pesci, tendevo a vivere su una nuvoletta distaccata dalla realtà, dico ora con amore che grazie a questa ipotetica e inesistente nuvoletta sono nella realtà molto più di chi pareva stabilmente radicata, anche perché è dimostrato quindi che le immagini interiori non sono “fantasie” vaghe, ma attivano circuiti reali e misurabil nel cervello. E che le immagini positive, ripetute nel tempo, possono rafforzare connessioni neuronali, creare nuove abitudini mentali e modificare stati emotivi e fisiologici. Non si tratta solo di pensieri visivi ma di attivatori di emozioni e risposte corporee che attivano il sistema limbico (amigdala, ippocampo, corteccia prefrontale) e inducono una risposta neurochimica benefica, come il già visto rilascio di ossitocina, serotonina e dopamina. E, inoltre, disattivano o modulano i circuiti legati allo stress cronico comportandosi quindi come un intervento terapeutico interno.
Ricordo quando Dede Riva, al mio primo seminario di Psicodinamica come allieva, una quarantina di anni fa o anche più, ha illustrato come atleti e musicisti usino da anni la visualizzazione mentale per migliorare le loro prestazioni, perché il nostro cervello non distingue nettamente tra realtà e immaginazione. Non ne coglie la differenza e quindi usa l’immagine mentale come stimolo ripetuto per rafforzare vie neurali positive e interrompere quelle collegate a trauma, paura o autosabotaggio. E mentre lei lo spiegava io pensavo a quando, prima di una gara di sci, da bambina, io ripercorrevo mentalmente la distribuzione delle porte dello slalom, immaginavo di passare da una all’altra dopo avere studiato il percorso una sola volta prima della gara. E come per alcuni giorni prima io mi vedevo sciare da una porta all’altra, serena, felice, leggera, decisa, allegra.
Ogni immagine di me che sciavo senza paura, senza disagio crea va un micro-ricalcolo neurale che, ripetuto, rinforzava una nuova rete che prendeva il posto di quella disfunzionale, creando quella mia nuova risposta psicofisica che mi avrebbe portato ad affrontare quella gara come se ne avessi fatte tantissime , una dopo l’altra, arrivando ogni volta al traguardo senza paura e senza disagio.
Attivare i circoli neurali
Perché il mio cervello non trattava quelle mie immagini di coccole o di gare come finzione ma attivava i circoli neuronali che si sovrapponevano a quelli coinvolti nella percezione reale, coinvolgendo nella visualizzazione la mia Corteccia visiva, quella che riceve input dagli occhi. Ma anche la Corteccia prefrontale dorsolaterale che regola l’attenzione volontaria e guida l’immagine mentale, l’Amigdala che valuta l’aspetto emotivo dell’immagine riconoscendola come sicurezza o come minaccia), l’ Ippocampo che richiama memorie e le intreccia con l’immagine; la Corteccia cingolata anteriore: che modula il conflitto tra vecchie e nuove rappresentazioni emotive. E l’Insula che collega quella immagine a specifiche sensazioni corporee.
E parliamo della ripetizione! Ti ricordo che io ogni sera, per addormentarmi, visualizzavo quelle immagini che cambiavano nel tempo ma le emozioni che portavano erano le stesse.
Quando un'immagine mentale viene evocata più volte, i neuroni coinvolti iniziano a sincronizzarsi, creando nuove reti neurali stabili, cioè nuove “strade” neurali. E le reti che non vengono più attivate (ad esempio le immagini legate al dolore, alla paura, all’abbandono) tendono a indebolirsi.
Allora abbiamo in noi un tesoro ricchissimo, la possibilità di creare da soli le nostre immagini guaritrici, che collegate a emozioni positive e a uno stato ricettivo di abbassamento delle frequenze cerebrali( rilassamento, preaddormentamento, meditazione), indeboliscono vecchi circuiti disfunzionali e rinforzano nuovi circuiti associati a sicurezza, amore, guarigione
Una attività mentale immaginativa che, quindi, non resta solo nella mente ma: coinvolge il corpo attraverso il nervo vago, la principale via del sistema parasimpatico, influenzando anche frequenza cardiaca, respirazione, pressione arteriosa, digestione, npercezione del dolore. Sono immagini che attivano uno stato neurofisiologico di sicurezza che permette la riorganizzazione di memorie traumatiche e l’integrazione.
Usare quindi intenzionalmente le immagini guaritrici significa istruire il cervello a vivere nuove esperienze, prima interiormente e poi nel comportamento reale perché ogni immagine è una istruzione neurologica. Possiamo cioè dire che ciò che immagini oggi può diventare ciò che sei domani.
Istruzioni neurologiche
E allora quella bambina che si addormentava immaginando in modo così reale aveva scoperto da sola il potere di quelle immagini provando su di sé come non agissero solo “per suggestione”ma influenzassero i livelli profondi della sua coscienza, grazie alla loro potenza che si trattasse di una Grande Madre che mi teneva tra le sue braccia, di una luce dorata che mi curava o di una tana nella quale potevo rifugiarmi. O di un ricordo carico di affetto e di amore, di un abbraccio inaspettato, di uno sguardo profondo. Sicuramente tutto questo ha parlato per anni alla parte più profonda e primitiva del mio cervello, quella che decide se io sono al sicuro o in pericolo.E il mio corpo ha risposto per anni come se stesse vivendo realmente quella situazione.
E ora prova tu a chiudere gli aocchi. Fai tre respiri profondi e lascia che arrivi in te un’immagine che, solo a pensarla, ti fa respirare meglio, ti calma o ti fa sentire meno solo/a? E, senza giudicarla, usala, regala al tuo cervello una nuova via. E ripetila, ogni giorno, con amore.
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