22 - Tuffarci nell'Infinito col Pensiero Creativo
Per andare da A a B perché non passare per Y, C e magari anche Z?
Mi capita sempre più spesso di voler contenere l'infinito e di avere la presunzione di potermelo gestire. Inizio qualcosa di creativo, ad esempio mi metto a scrivere una riflessione e mi ci tuffo come se fosse la cosa più importante che mi sento chiamata a fare. Nella mia mente passa un pensiero, un'idea, un'intuizione e l'afferro subito e inizio a portarla nella materia, rendendola viva, concreta. Ma, mentre le parole si dipanano una dopo l'altra, un altro pensiero mi raggiunge, pesco in quel serbatoio senza fondo una nuova intuizione e la aggancio alla precedente, quando una terza mi passa volando veloce e, mentre la sto per afferrare, svanisce. Spesso seguita da una quarta che fa la stessa fine, indossando la stessa energia onirica, mi fa l'occhiolino e se ne va.
Forse, penso, se mi accontentassi delle prime due intuizioni e le scrivessi subito, una dopo l'altra, chiamandole A e B, e mi limitassi a passare dalla prima alla seconda come un bravo scolaro che sta svolgendo un tema come un insegnante un po' pedante gli ha appena insegnato, mi terrei dentro a un territorio delimitato, logico. Ma cosa perderei per strada? Gran parte della mia volontà creativa, indubbiamente, così importante per l’affermazione della propria libertà, per la capacità di non lasciarci condizionare dai percorsi mentali ai quali, per un motivo o per l’altro, ci siamo abituati.
La Creatività è di tutti
Ognuno di noi è creativo ma sono in molti a non saperlo e tante persone sorridono sdegnose di fronte alla parola “creatività”, credendo che indichi il rifugio degli artisti, di quella fetta di mondo a parte, sradicata dalla vita e svolazzante in una realtà illusoria, costretta a “fare la fame” e vivere ai margini della produttività sociale. A parte la visione riduttiva e superficiale dell’artista, sono frequenti gli inganni che spingono verso questa analisi di una parola in realtà sacra che appartiene a ciascuno di noi, perché è il dono che abbiamo in quanto esseri umani ma che non sempre usiamo in modo adeguato.
Essere creativi non significa necessariamente produrre arte ma, caso mai, fare del proprio presente un’opera d’arte, cioè essere capaci di avere in ogni istante una percezione nuova di noi stessi. E’ questo un significato della parola “creatività” che non sempre si conosce, sul quale raramente ci si sofferma, fondamentale non solo per capire le parole ma soprattutto per capire la vita e il senso della nostra presenza in questa dimensione.
Sottolineo che lo stesso verbo “capire” deriva dal latino “capio” che significa “accolgo in me, faccio mio”, come la bottiglia che è capiente perché può accogliere e fare propria quell’acqua che altrimenti andrebbe dispersa. Capire, allora, significa accogliere in noi un significato e farlo nostro, lasciare che ci trasformi e diventi per noi un fertile lievito di crescita e d’evoluzione.
Sembra assurdo ma spesso ci blocchiamo nella nostra vita perché non abbiamo “capito” ma ci siamo limitati a valutare un concetto senza lasciarlo scendere nella nostra pancia, senza farci capienti della sua reale identità, lasciandolo ai margini della mente che, lo sappiamo, spesso mente.
Pensiero Lineare e Pensiero Analogico
Nella magia della nostra vita ci sono doni che portiamo in noi senza nemmeno averli riconosciuti, assaggiati né, tanto meno, gustati fino in fondo; per questo, spesso, rimangono inutilizzati, pur essendo semi vivi che ci appartengono, pronti a risvegliarsi non appena diamo loro l’opportunità di manifestarsi. Uno di questi è la potenza del nostro emisfero creativo, della parte destra del nostro cervello, così sottovalutata dal consenso sociale, perennemente teso a verificare con l’emisfero sinistro, convinto che la dimostrazione sia più importante della intuizione, e che verificare la veridicità di una “scoperta” sia una mossa ancora più urgente che portarla alla luce.
“Pensa prima di parlare”: quante volte ce lo siamo sentito dire da insegnanti più attenti al giudizio che non allo sviluppo delle nostre potenzialità, o da adulti più preoccupati del prodotto che non del processo.
“E’ un bambino intelligente e vivace, peccato che abbia sempre la testa tra le nuvole”: seduti al nostro banco di prima elementare abbiamo ricevuto il primo messaggio ufficiale che scredita l’utilizzo dell’emisfero destro, magari da quella maestra che eravamo pronti ad amare come una nuova mamma. E spesso ci abbiamo creduto, lasciando che questa nostra ricchezza fatta d’intuizioni venisse esiliata nel mondo della fantasia.
Questa è la storia di ognuno di noi, anche se ce lo siamo dimenticati, anche se ci siamo lasciati intortare dalla necessità di confezionare pacchetti ben infiocchettati, dimenticando di mettere nella scatola il contenuto del dono.
I due emisferi
Il nostro cervello è formato da due emisferi, uniti da un corpo calloso, una sorta di ponte che tiene i collegamenti tra le nostre due anime, quella che sa e quella che vuole sapere.
La prima abita l’emisfero destro, è creativa, immaginativa, ispirativa: collegata con la voce del nostro Sé, ha una chiara visione del compito di questa esistenza, dei nodi da sciogliere, delle tematiche con cui confrontarsi, dei nostri reali bisogni. E’ la parte che conosce il nostro Piano di Volo, sa da dove veniamo e perché siamo qui, e cosa ci serve quindi per proseguire in questo nostro meraviglioso viaggio alla riscoperta della nostra vera natura. E la voce del Sé ci arriva attraverso l’emisfero destro, sede della nostra componente energetica Femminile; il sinistro, invece, è sede di quella Maschile e l’una e l’altra sono presenti in noi, indipendentemente dal nostro sesso. In ogni donna e in ogni uomo agiscono in modo sinergico la sua energia maschile e la sua energia femminile, l’una e l’altra con compiti diversi ma ambedue fondamentali per la nostra quotidianità e per la nostra evoluzione.
Ho già scritto in una precedente MindLetter che l’Energia Maschile (per il Tao lo YANG) si muove verso l’esterno a dar vita alla manifestazione e all’azione: ne sono espressione, tra l’altro, la razionalità, il distacco, la volontà, l’idealismo, il giudizio. Quella femminile (o YIN) è orientata invece verso l’interno, verso il contatto con l’interiorità propria e altrui e ne sono espressione l’emotività, l’affettività, l’empatia, la creatività, l’intuizione, l’ascolto, l’accoglienza, l’inclusione.
Non possiamo crescere senza l’una e l’altra componente energetica e dovremmo tendere alla fusione dei due poli, ma troppo spesso ce ne dimentichiamo e tendiamo a lasciare i doni del Femminile ai margini, quasi fossero una forza da tenere ben nascosta perché, comunque, improduttiva.
Una nuova percezione di sé e degli altri
E non sto parlando ora della creatività artistica ma, lo ripeto, della capacità di avere una nuova e diversa percezione di noi stessi e degli altri: è più semplice vivere di ripetitività, abitudini, cliches e schemi che ci trasciniamo nel tempo senza avvertire che qualcosa è cambiato. Facciamo finta di non accorgercene e continuiamo a “viverci” come abbiamo sempre fatto, protesi nelle maschere della nostra Personalità, dimenticando di stare in ascolto di quella voce che sa, la voce del nostro Sé.
Ma come funziona questa sorta di autoinganno? Per comprenderlo dobbiamo vedere quale è la differenza tra il funzionamento del Pensiero Lineare, pertinente l’emisfero sinistro, e quello del Pensiero Creativo o Circolare, tipico dell’emisfero destro.
Il primo per andare da A a D ci obbliga a passare per forza da A a B, se B è vero e verificabile. Da qui, sempre rispettando il principio di non contraddizione e pertanto verificandone la veridicità, dobbiamo ancora transitare da B a C, per fare poi, finalmente, sempre secondo verità e non contraddizione, il passaggio finale. E’ una modalità di pensiero che costringe in binari prestabiliti, mette paletti e conduce direttamente al prodotto finale. Tutto quello che esula da questi passaggi è ritenuto fuorviante.
Il Pensiero Analogico o Circolare (o, anche Creativo), invece, per andare da A a D può passare direttamente da A a C e, se per strada incontra Y, privo di legame logico con gli altri passaggi, può anche fermarsi, prenderlo in considerazione e portarlo via con sé. Il Pensiero Creativo non teme la contraddizione e non esclude nulla, ma include tutto quello che, sincronicamente, incontra lungo la via. Non vi è mai capitato di cercare una risposta e di trovarla inaspettatamente, aprendo un libro a caso o folgorati da una parola illuminante?
Ecco come si snoda la mia presunzione di cercare di contenere l’infinito che, in realtà, è semplicemente il dono di tuffarmici dentro, in questo Infinito e ritrovare tutto quello che mi serve per diventare quello che sono. Come mi piace dire.. a qualunque età.
Susanna Garavaglia
Provoc-Azione della settimana:
Se hai un problema da risolvere e non riesci a venirne a capo seguendo un filo logico e analizzandolo dal punto di vista razionale, staccati dal mentale, vai a dormire o comunque dedicati a qualcosa che ti rilassa, ascolta musica, passeggia, dipingi o strimpella il piano, se lo suoni. Oppure mettiti a meditare, a pregare, a cantare, a ballare o incomincia a sognare ad occhi aperti, seduto davanti ad una finestra o sdraiati sul tuo letto a guardare il soffitto. Vedrai che al risveglio o quando riprendi la tua attività, arriva, inaspettata, la soluzione.
Che cosa è avvenuto?
Hai messo a riposo la mente razionale e il Pensiero Lineare che, comunque, non riusciva a trovare nessuna soluzione, e hai dato spazio alla mente creativa, alla parte destra del cervello, lasciando che fosse il Pensiero Circolare a prendere in mano la situazione. E lì, al di fuori di qualunque controllo consapevole, hai permesso al tuo subcosncio di farti arrivare la soluzione, così, inaspettata, sopra ad un piatto d’argento. A quei livelli un Simbolo ha agito, anche se tu non te ne sei reso conto: magari se ti sei addormentato, quel Simbolo era nel sogno, o in un’immagine che ti è arrivata mentre sognavi ad occhi aperti oppure meditavi o pregavi, oppure nella nota della musica che suonavi o ascoltavi, in una parola, nella forma di una nuvola o di un sasso che hai calpestato mentre correvi, nel disegno che l’ombra della tua lampada tracciava sul soffitto, o in quello stampato sulla maglietta di tua figlia che è venuta a riportarti alla realtà. Insomma, non conta che cosa sia stato, e forse non lo saprai mai, quello che conta è che qualcosa, un Simbolo, ha fatto da ponte tra un tuo bisogno e la soluzione, unificando la tua parte conscia con il tuo inconscio, il mondo della realtà esterna con il tuo mondo spirituale, il presente con il passato.Chissà quante volte ti è capitato. Prova ora a farlo consapevolmente!
Da cosa lasciarti ispirare questa settimana:
“Il Simbolo nel Pensiero Analogico consente il collegamento tra il mondo esteriore, dove si presenta in una qualsiasi forma materiale, e quello interiore, dove si presenta come stato d’animo, intuizione, stato di coscienza, percezione spirituale. Prendiamo ora come esempio l’antico marinaio sul ponte della nave di fronte ad un bellissimo tramonto in mare aperto: mette la mano nella tasca e trova la sua mezza moneta, immediatamente la sua mente e il suo cuore vanno alla donna amata, pensa che sarebbe bellissimo averla accanto in un posto così straordinario e che è ora di trovare una soluzione per non rimanere lontani così a lungo. Intanto sente che il suo cuore batte forte, come se realmente fossero insieme, abbracciati su quel ponte, di fronte all’infinito. Questo è il suo stato d’animo e questi i suoi pensieri, quando arriva un compagno di navigazione e si mettono a parlare d’altro, magari della rotta o dell’impresa che devono compiere insieme. Nel frattempo i due sono chiamati dal capitano e il nostro marinaio abbandona il pensiero della donna amata e i suoi progetti di vita accanto a lei, non ci pensa proprio più perché è completamente assorbito da qualcosa di molto urgente, una tempesta o una navigazione che richiede tutta la sua attenzione. Poi, d’un tratto, magari qualche giorno dopo, rimettendo la mano in tasca e toccando nuovamente la moneta, ecco che il nostro marinaio ha un’ispirazione e trova la soluzione per non doversi più separare da lei. Che cosa è successo? La vista di quel simbolo nella realtà esterna, cioè di quella moneta, lo ha trasportato in un suo vissuto, il contatto con la donna amata, dapprima in modo consapevole, ma poi ha lavorato dentro di lui agendo direttamente nel subconscio, addirittura fornendogli una soluzione mentre la sua mente razionale non ne era consapevole. Ma la cosa interessante è che il Simbolo agisce comunque, ti trasporta in un tuo vissuto, e lo incorpora indipendentemente dal fatto che la mente conscia lo abbia percepito o no…”
(Susanna Garavaglia, “Diario di Psicosomatica”)